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di Giuseppe Longo
GORIZIA – Era stato il “Requiem”, come da programma, a richiamare il foltissimo pubblico che ha riempito, in ogni ordine di posti, la bellissima sala del Teatro Verdi di Gorizia. Ma gli spettatori, entusiasti per la brillante interpretazione di questa grande pagina mozartiana, sono stati congedati con i movimenti suggestivi di un altro capolavoro del Genio di Salisburgo, quell’Ave Verum Corpus donato come bis al termine del concerto e che ben s’inquadrava nello spirito della Settimana Santa che stava per cominciare con la Domenica delle Palme, quando in tutte le Chiese si sarebbe letta la lunga rievocazione della Passione di Nostro Signore. Un sabato, dunque, di bellissima e struggente musica sacra, interpretata con grande efficacia dall’Orchestra d’archi da camera della Filarmonica Slovena e dall’Artsatelier, guidati dalla bacchetta del maestro Marco Feruglio, per lunghi anni direttore artistico e sovrintendente del Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Mentre il coro è stato preparato da Mateja Cernic, la quale è riuscita a calare in ogni componente quella espressività necessaria a rendere la drammaticità, ma anche il sentimento di speranza e di dolce abbandono che traspare in ogni passaggio della Messa che Wolfgang Amadeus Mozart scrisse quasi fosse un suo testamento spirituale e che non riuscì a completare, se non in minima parte, perché strappato dalla morte ad appena 36 anni. Le numerose e coinvolgenti parti solistiche sono state affidate, invece, a quattro belle voci: il soprano Lavinia Bini, il mezzosoprano Bernarda Fink, il tenore Steve Davislim e il basso-baritono Markos Fink.
Il capolavoro in Re minore Kv 626, circondato ancora da un alone di mistero e leggenda, segue la classica scansione liturgica dei brani che compongono le Messe per i defunti, e quindi Requiem d’introito, Kyrie e Dies Irae, Offertorium, Sanctus e Benedictus, per giungere a Communio e Lux aeterna, ma senza il Libera me Domine che contiene le invocazioni finali all’Altissimo per lucrare la pace eterna e probabilmente del tutto tralasciato, appunto, per la repentina scomparsa dell’autore. Brani che hanno messo a prova le capacità tecniche della formazione orchestrale e le estensioni vocali sia del coro che dei solisti, offrendo all’appagato uditorio una interpretazione convincente della grande opera mozartiana conclusa dall’allievo Franz Xaver Süßmayr, sia nelle parti contrassegnate dalla grande riflessione sui misteri che circondano la scomparsa di ogni uomo – soprattutto nel conclusivo Lux aeterna con il suo “cum Sanctis tuis in aeturnum” nel dialogo soprano-coro – sia nei movimenti trascinanti del Dies irae che tratteggia la severità del giudizio divino. Insomma, una grande serata di musica quella che le compagini dirette dal maestro Feruglio hanno offerto al pubblico che gremiva il Verdi isontino. Musica che tutti avrebbero desiderato non finisse ancora. Per fortuna, il sigillo è arrivato proprio con il dolcissimo Ave Verum che ha creato l’atmosfera adatta in cui inquadrare la Passione e la tragedia di Cristo sulla croce.
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In copertina, e all’interno direttore, cantanti e musicisti salutati dal foltissimo pubblico.